mercoledì 4 novembre 2009

Una tassa iniqua. La trama di Keraban l'ostinato


Il primo post di Verneide si apriva con alcune curiosità sul romanzo Keraban l'ostinato. E si chiudeva con la promessa di ritornare sul tema. Il tempo è propizio per farlo. Partendo però dall'incisione qui a lato, opera - come le altre cento che corredano la traduzione italiana del 1886 (ed. Brigola & Comp. di Milano) - di Leon Benett. L'immagine è incentrata su un personaggio che sta in bilico su una lunga fune, posta ad una certa altezza dall'acqua e collegata a due estremità-lembi di terra distanti (in posizione intermedia sta un isolotto con torre), nel mentre trasporta una sorta di carriola in cui è seduta un'altra persona. La scena sintetizza al meglio la trama dell'opera. Ma andiamo con ordine. La persona che sta nella carriola è il protagonista del romanzo, Keraban, un turco arricchitosi grazie al commercio di tabacco. Senza figli, egli dovrà assistere, di lì a sei settimane, al matrimonio tra Ahmet, il suo unico nipote, e Amasia, figlia di Selim, banchiere di Odessa e suo socio in affari. I fatti si svolgono durante il periodo del ramadam. Passeggiando per le vie di Costantinopoli, il protagonista incontra un amico olandese, Van Mitten, e lo invita ad Odessa alle nozze; non distante da loro si stava però ordendo un complotto per rapire Amasia. Il IV capitolo dà, di fatto, l'avvio al romanzo e la caratterizzazione del personaggio principale: Keraban e l'amico olandese assistono alla lettura pubblica di un editto delle autorità ottomane con il quale s'imponeva una tassa di 10 paras (equivalente, all'epoca, al prezzo d'una mezza tazza di caffè) a chiunque intendesse attraversare il Bosforo, da Costantinopoli a Scutari o all'inverso, a bordo di una qualsiasi imbarcazione. Il commerciante di tabacco, che percorreva quotidianamente quella "tratta" e che riteneva la nuova imposta iniqua e vessatoria, pur di non pagarla, affermò sprezzante di voler fare il giro "largo", quello del Mar Nero, che lo avrebbe portato a valicare Caucaso e Anatolia e, di conseguenza, a spendere un prezzo enorme, sia di soldi che di tempo. Ma così, ostinatamente, fece. Tra un susseguirsi avvincente di umorismo (Keraban arriverà perfino a scontrarsi con il testardo per eccellenza, un asino, uscendone ovviamente "vincente") e avventura (sventare il complotto e il rapimento di Amasia), il viaggio arriva al clou, a Scutari, con un interrogativo: ritornare prendendo la strada più facile e breve, l'attraversamento del Bosforo, e dunque pagare la tassa, oppure effettuare un'altra odissea come all'andata? Nessuna delle due. Perché l'ostinato turco trovò un'altra soluzione. Confidando nella sorte, seguì la strada delle peripezie, accompagnato da un acrobata di nome Storchi (il funambolo dell'incisione, per intendersi), che aveva teso ad alta quota una corda, fissata da un capo all'altro dello stretto, per un totale di 1.200 metri di lunghezza...La terza "via", sempre per non pagare l'odiata tassa, si concluse positivamente.

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